vittorio polito
giornalista pubblicista scrittore
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Dialetto barese e nomenclatura medica   Giornaledipuglia.com 26 gennaio 2021
Il dialetto, riconosciuto come patrimonio di cultura e saggezza, secondo alcuni, riveste scarsa importanza, mentre appare sempre più evidente come la somma dei valori umani e spirituali delle diverse località – che si trasmettono in special modo attraverso il linguaggio – caratterizzino l’identità di una nazione. Non è forse con le parole del vernacolo che si esprime la vera genuinità, la spontaneità, la naturalezza della vita concreta, l’autentico soffrire e sentire di un popolo?

Ma cos’è un dialetto? Dal punto di vista glottologico ed espressivo, non c’è alcuna differenza tra lingua letteraria e dialetto: entrambe hanno una formazione storica dovuta a fattori assai complessi, anche se i dialetti esprimono una tradizione di cultura e letteratura meno complessa ed autorevole. Perciò è errato ritenere che i dialetti siano una degradazione della lingua letteraria. La verità è che tra il concetto di “dialetto” e quello di “lingua letteraria” esiste solo un rapporto logico, per cui l’una cosa non può intendersi senza l’altra, tanto che sarebbe assurdo parlare di dialetto senza presupporre una lingua nazionale e viceversa. È pur vero che il dialetto fornisce quella sicurezza, quella certezza della nostra provenienza, delle nostre radici, alle quali, nonostante tutto, siamo e saremo ancorati, malgrado i tentativi ingegnosi o maldestri che vengono messi in atto per tagliare questo importante e vitale cordone ombelicale.

Oggi vediamo come il dialetto sia indispensabile per i medici per interpretare chiaramente il linguaggio di pazienti che riferiscono patologie lamentate non proprio correttamente in italiano.
Insomma, la parlata di ogni giorno per tantissime persone che conoscevano solo quella lingua, era l’unico strumento di comunicazione a loro disposizione, per cui era necessario che anche gli interlocutori dovevano conoscere lo stesso linguaggio per intendersi. Comprendere la lingua popolare era indispensabile soprattutto al medico, che doveva essere sicuro di quanto raccontavano i pazienti per poter fare una giusta diagnosi e quindi prescrivere la relativa terapia.

Per risolvere il problema ci ha pensato Carlo Scorcia che nel 1972 ha pubblicato, per Levante, l’interessante volume “Nomenclatura di medicina popolare barese” (saggio etno-linguistico), utilissimo ai medici, consentendo loro di meglio alleviare le sofferenze dell’uomo. Al medico, ricorda Scorcia, si ricorreva solo nei casi estremi, per malattie che non si riusciva a capire ed a guarire nemmeno con la magia e colui che doveva effettuare un intervento chirurgico si appellava come “salvatore”. Ed a questo proposito l’autore ricorda alcuni medici (De Angelis, Patarino, Vulpi, Nitti), e il chirurgo D’Erchia con la sua clinica in piazza Madonnella a Bari, che hanno goduto di molta stima.

L’utilissimo ausilio editoriale permetteva al medico di capire bene la sintomatologia accusata dal paziente, il quale aveva la possibilità di dilungarsi sui suoi acciacchi, favorendo così la formulazione, come già detto, della diagnosi e della terapia. Scorcia ha fatto di più, dando ad ogni voce dialettale una trascrizione il più fedele possibile alla impressioni ricevute dalla pronuncia dei parlanti, ricorrendo spesso al corrispondente arcaico della madre lingua, cioè a quelle voci affini e dello stesso significato.

L’autore ha completato il suo lavoro predisponendo anche un indice metodico Italiano-Barese, relativo a 200 voci riferite al corpo umano, 621 alle malattie ed ai malanni e 120 riferite a piante medicinali. Indice di grande aiuto per i medici che avevano scarsa conoscenza del dialetto. Ed ecco, a seguire, a solo titolo esemplificativo, alcuni termini dialettali reperiti nel dizionario.
Abbettate – Gonfiato “abbottato”.
Accenecà – Sforzare e compromettere la vista su lavori minuti e con luce fioca.
Accepenate – Che si regge male sulle gambe.
Acqu-a lla vènde – Raccolta di liquido nella cavità addominale. Ascite. Acquarìcce – Umore secreto da processi infiammatori della cute.
Acque de Criste – Acqua sorgiva non salata della costa. “Acqua di Cristo”.
Aggìgghje – Prurito in genere, dovuto ad affezioni generali o della cute. La frase nge-ha menute u-aggìgghje, ha tuttora il senso di fregola (bramosia sessuale), vivezza, brio, manifestazione calorosa di affetto.
Ammalengiate – Dicesi di occhi illividiti.
Arrezzecà – Aggricciare la pelle per freddo, per paura. Rabbrividire, orripilare.
Buche de la rècchje – Meato uditivo.
Cacarédde – Diarrea.
Calamédde – Camomilla.
Caldacine – Improvviso e momentaneo rossore del volto. Caldane, vampate di calore. Disturbo che colpiva, soprattutto, le donne che non potevano cchjù chengreà, nell’età critica.
Canescià – Ansare, boccheggiare, respirare affannosamente.
Cannarile – Esofago, gola “canna”.
Cannarile du sùrchje – Trachea, “canna del respiro”.
Capeparte – Primo mestruo a 40 giorni dal parto. “Capo-parto”.
Capère – Pettinatrice, parrucchiera.
Capìcchie – Bottoncino della mammella. Capezzolo.
Crestudde – Malandato in salute. Macilento come un povero Cristo.
Criapòbbele – Membro virile. “Crea-popolo”. Che genera il popolo.
Delure de dìende – Dolori di denti. Odontalgia.
Delure de rine – Dolore di reni. Lombaggine.
Disscete – Dito.
Donzèlle – Tonsille. Ghiandole linfatiche situate all’istmo delle fauci.
Ècchje pessciate – Occhi colpiti da infiammazione delle mucose congiuntivali.
Ècchje sramme – Occhi strabici. Ècchje tèrte.
Ffuèche de Sand’Andonie – Herpes Zoster, fuoco sacro (fuoco di S. Antonio). Malattia infettiva.
Frève lass-e e pigghje- Febbre intermittente, saltuaria.
Frevùte – Che ha febbre. Che scotta per calore febbrile.
Frugne – Infiammazione acuta e dolorosa di una ghiandola sebacea. Foruncolo.
Mal’a ll’ògne – Unghia incarnata.
Mezzecuatòre – Piaghetta o vescichetta ai talloni prodotta da scarpe.
Ndrame – Intestini, interiora.
Panarìzze – Infiammazione dolorosa ad uno delle dita della mano, solitamente u disscete grèsse o pedecuale (dito grosso o pollice).
Pulp’a ll’ècchie – Formazione poliposa, spesso peduncolata, della grandezza di un chicco di pepe o di un pisello.
Pulp-o nase o carne cressciute – Polipo al naso o escrescenza carnosa, fibrolipoma.
Rascke – Lesione della cute con minimo sanguinamento. Escoriazione.
Reccuàsscene – Malattia acuta, contagiosa caratterizzata dalla infiammazione dolorosa della ghiandola parotidea. Orecchioni, parotite.
Rescaldamènde – Infiammazione intestinale. Gastro-enterite.
Rine scadute – Sofferenza renale che dava la sensazione come se i reni si fossero spostati in basso.
Ròssue – Arrossamento, con sfumatura violacea della pelle dovuto al freddo ed a carenze alimentari.
Rugne – Malattia cutanea tormentosa per l’aggigghjamìende, i prudori.
Sanghe do nase - Epistassi, sangue dal naso.
Sanguìtte – Sanguisughe, mignatte, “sanguette”. Anticamente vendute dai barbieri.
Scenùcchie – Ginocchio.
Schegghjate – Castrato, evirato.
Scialappà – Parlare spruzzando saliva. Affetto da ptialismo o scialorrea. Chiamato per disprezzo vavùse, bavoso.
Scì ròddua-roddue – Prima manifestazione mestruale. Menarca.
Segghjutte – Rapide espirazioni ed inspirazioni da contrazioni del diaframma. Singhiozzo.
Speggiàle – Farmacista, “speziale”.
Strettegghjate – Slogato, lussato.
Terròzzue – Osso simile, per forma, alla carrucola. Rotula.
Trembon-o cervìedde – Trombosi al cervello, ictus apoplettico.
Vetràne – Malattia esantematica, spesso confusa con la rosolia epidemica.

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